D: E’ stato detto che le pratiche del Satyananda Yoga aiutano a riequilibrare le emozioni. Dopo molti anni di pratica yogica, alcuni di noi hanno ancora difficoltà ad armonizzarle. Quali pratiche dovremmo fare o quale approccio dovremmo adottare?
SwaN: Innanzitutto, dobbiamo capire alcune cose. La maggior parte delle nostre azioni sono mosse dalla nostra testa, dall’intelletto o buddhi, mentre le emozioni o bhavana, le espressioni del cuore, non sono di facile comprensione.
Cos’è un’emozione? Se guardiamo la parola stessa vedremo che la seconda parte è “motion”, mettere in movimento. Quando usiamo la parola “emozione” questa significa movimento del sé psichico e sottile. Il sé intellettuale è nella testa, il sé psichico è nel cuore. Diverse tradizioni si sono espresse sull’argomento asserendo che l’anima risiede nel centro del cuore. Non dovremmo interpretare questo alla lettera e cioè che l’anima stia letteralmente nel centro del cuore, ma dovremmo cercare di comprendere che anima significa natura psichica, natura spirituale, e che l’esperienza e la manifestazione dello spirito avvengono attraverso il cuore. Ecco perché tutte le tradizioni del passato hanno sottolineato la necessità di coltivare, sviluppare ed espandere i sentimenti di amore e compassione e tutte le qualità positive emanate dal cuore.
Armonizzare la natura grossolana con quella sottile
Quindi l’emozione è movimento, dinamismo della personalità psichica e sottile. Questa emozione non è ciò che sperimentiamo sotto forma di rabbia, passione o frustrazione, né sotto forma di amore o compassione. Piuttosto rappresenta uno stato di armonia tra la natura grossolana e la natura sottile, e questa è vera emozione. Ciò che esprimiamo nella nostra vita è solo una reazione che si verifica tra i nostri sentimenti e la loro associazione con la mente. Ad esempio, perché vi arrabbiate? È a causa di un’associazione tra l’energia del cuore e l’esperienza presente della mente, e ciò scatena la vostra reazione. La gelosia agisce in modo simile. Rabbia, violenza, compassione, equanimità, serenità sono tutte espressioni di un processo interattivo che si svolge tra la testa e il cuore. Tuttavia, possiamo usare queste espressioni per spostarci verso uno stato di equilibrio all’interno di noi stessi, osservando, analizzando e comprendendo dove stiamo sbagliando. Eppure, quietare la rabbia o sperimentare compassione e amore non sono le risposte per trovare questo equilibrio o armonia tra la natura grossolana o manifesta e la natura sottile e psichica che giace assopita.
Gli esseri umani sono estroversi per natura poiché si identificano con i sensi e l’ambiente esterno. Guardiamo così tanto fuori che abbiamo dimenticato di guardare dentro. Abbiamo perso il contatto, la consapevolezza, la qualità dell’osservazione che può aiutarci a trovare l’equilibrio tra il sé grossolano e il sé sottile.
Quindi la nostra esperienza dell’interazione tra cuore e testa è sempre e solo una reazione. Noi reagiamo e crediamo che la reazione sia un’espressione delle nostre emozioni, ma lo yoga dice no! Il termine yogico per le emozioni è bhavana, che è diverso dalla passione, kamana e dall’ossessione mentale, vàsana. Qui stiamo parlando di bhavana dove c’è armonia tra la testa e il cuore. Per risvegliare bhavana, la vera emozione, la prima condizione è che dobbiamo smettere di reagire. Quando reagiamo, l’intelligenza si offusca; la capacità discriminante, viveka, non esiste più e la pace personale è persa. Anche nell’amore c’è un’espressione condizionata della mente, perché nell’amore c’è sempre un’aspettativa, passione, desiderio, attaccamento e anche queste sono reazioni.
Quindi lo yoga dice: smettete di reagire. Ma questa interruzione della reazione non significa che isolarsi da ciò che sta accadendo intorno a voi; quindi lo yoga dice anche: siate coinvolti. Questo è un coinvolgimento ma senza reazione; è un coinvolgimento che fluisce e quindi non si sperimenta la lotta giacché il fluire è passivo e la lotta è reazione. Questo è lo stadio a cui dobbiamo giungere per fare esperienza di armonia tra il grossolano e il sottile.
Sadhana: regolarità, continuità e convinzione
Ora il concetto di sadhana deve essere compreso nella giusta prospettiva. La nostra mente è una mente scimmia. Ma, oltre a questo, immaginate una scimmia che non può stare ferma, e poi immaginate se quella scimmia si ubriacasse cosa potrebbe succedere? E, ancora, se quella scimmia ubriaca fosse punta da uno scorpione, come andrebbe? La nostra mente è come una scimmia ubriaca punta da uno scorpione, quindi non è solo una mente scimmia. Siamo intossicati dalle nostre passioni, i nostri desideri, le nostre aspettative, i nostri preferenze e le nostre avversioni. E poi siamo punti dallo scorpione della vita che condiziona la nostra natura ad identificarsi con una certa dimensione della realtà e a sperimentare solo quella, e ad ignorare quelle altre dimensioni più sottili che non siamo in grado di identificare, logicamente o consapevolmente. Quindi la nostra visuale diventa assai ristretta. Con questa visuale limitata iniziamo a credere di aver espanso la consapevolezza, la coscienza e di aver raggiunto la libertà ma, in realtà, è un’illusione.
Per superare questa nostra illusione deve entrare in gioco il sadhana, con la pratica della meditazione. Il sadhana deve essere capito correttamente. Mi sono imbattuto in migliaia di persone che hanno detto: “Ho praticato la meditazione negli ultimi anni, eppure sento che non ho progredito, non mi sono evoluto e sono ancora allo stesso punto”. Allora, vi chiedo una cosa: “Siete regolari nella vostra pratica di meditazione?” Alcuni dicono di sì, altri dicono di no. Poi chiedo ancora: “Seguite un tipo di meditazione fino alla fine o no?” e a quel punto rispondono di no, un giorno fanno questa pratica perché sembra quella giusta per quel giorno, e un altro giorno fanno qualcos’altro perché va bene per quell’altro giorno. Questa è il modo in cui la mente “flirta” e ci adesca!
C’è un sutra negli Yoga Sutra di Patanjali che enfatizza il concetto che il sadhana deve essere regolare, continuo e che dovete avere fede nel processo; queste sono le tre cose: regolarità, continuità e fiducia. Negli Yoga Sutra troviamo anche che ci sono degli stadi molto precisi: pratyahara, dharana e dhyana. Ogni fase e ogni pratica ha uno scopo.
Nel pratyahara, per esempio, prendete antar mouna, l’osservazione dei pensieri. Dovete completare il processo e raggiungere il punto in cui siete in grado di controllare i vostri pensieri prima di procedere allo stadio successivo. Dovreste essere capaci di incanalare i vostri pensieri, guidare, dirigere ed esprimere i vostri pensieri prima di passare da antar mouna ad un’altra pratica. Se, quando cercate di apprendere una pratica, la fate solo per una settimana e, poi, siccome è troppo impegnativa, la lasciate e fate qualcos’altro per un’altra settimana, e se poi sentite che anche quell’altra non è adatta alla vostra natura e provate qualcos’altro ancora, allora state semplicemente sfiorando la superficie dell’oceano della coscienza senza immergervi in profondità.
Nonostante tutte le linee guida e le istruzioni, le tecniche, le pratiche, è qui che falliamo. Non siamo in grado di comprendere lo scopo di ogni pratica dello yoga. Valutiamo tutto secondo la nostra natura condizionata: “questo è ciò di cui ho bisogno, questo è ciò che voglio”. Ma come può questa mente, questa mente non trascendentale, sapere cosa è necessario per sperimentare qualcosa che è trascendentale? Come può un bambino che sta imparando a leggere e scrivere comprendere i concetti della fisica nucleare? Ecco, per ciò che concerne la nostra vita spirituale e lo yoga, noi siamo nello stadio dell’infanzia. Siamo ispirati, senza dubbio, dai concetti, idee e teorie riguardo i chakra, la kundalini, i kriya, la coscienza, il prana, i koshas, questo e quello. Noi dobbiamo essere ispirati, motivati, ma il nostro approccio deve iniziare dai passi fondamentali.
Allineamento di testa e cuore
In questa epoca di supermercati, lo yoga non può essere un prodotto che trovate al supermercato. Dovrebbe essere un prodotto che coltiviamo nel campo della nostra vita secondo le nostre capacità.
Quella emozione, o bhavana, è decisamente un processo che può portarci a scoprire l’armonia di tutte le qualità umane. Quando c’è allineamento tra testa e cuore la capacità espressiva diventa diversa. Quando non c’è allineamento, non c’è armonia tra testa e cuore, le nostre azioni non hanno scopo. Quindi, quello che le tradizioni yogiche dicono è che dovete aderire e seguire un percorso e andare dritti sino alla fine e, poi, solo quando raggiungerete la fine di quel percorso e vedrete, forse, un bivio o un cartello, solo allora prenderete un’altra strada.
Le vere tradizioni yogiche sono molto salde in questa convinzione: che non c’è modo di evitare o saltare gli istinti di base che costituiscono la natura fondamentale della vita. Dovete attraversarli, risvegliarli, sperimentarli, incanalarli e armonizzarli. Dovete fare tutto ciò che è necessario.
Questa consapevolezza del sadhana è molto importante: regolarità, continuità e convinzione.
Cerchiamo quindi di diventare regolari, proviamo ad avere quella convinzione, quella forza interiore che ben sa che dietro ogni nuvola oscura c’è un sole splendente. Cerchiamo di lavorare su questa consapevolezza prima di tentare di indulgere in concetti che sono al di fuori della nostra portata. Cerchiamo di capire in quale classe ci troviamo attualmente e non contiamo gli anni della nostra pratica. Allora potremo essere aperti alla ricettività, alla chiarezza e alla comprensione della nostra mente e della nostra natura. Questo è un punto molto importante.
Swami Niranjananda Saraswati, Galles, 10 giugno 2000,
Yoga Magazine, maggio 2002